La responsabilità del datore di lavoro per danni da esposizione a radiazioni ionizzanti. Brevi note di Diritto Civile e Penale.

1. Incipit. Tra i soggetti coinvolti e responsabili della radioprotezione v’è sicuramente il datore di lavoro la cui attività rientra nel campo di applicazione del d. Lgs. 230/1995.

Lo statuto logico delle argomentazioni che seguono è evidentemente ispirato al principio di unitarietà dell’ordinamento, prendendo le mosse  propriamente dall’indagine sul comune fondamento giuridico della responsabilità datoriale penale e civile.

2. La posizione di garanzia. Le responsabilità penali connesse al ruolo del datore di lavoro nel sistema radioprotezionistico di cui al d. Lgs. 230/1995 sono di natura prevalentemente colposa, per altro in presenza di fattispecie a carattere omissivo improprio.

Su piano della scomposizione analitica degli elemento del reato giusta immissione della clausola di equivalenza ex art. 40 cpv c.p., si evidenzia una tendenza ipertrofica che ha suscitato dubbi di costituzionalità, di guisa al principio di legalità sotto il profilo del divieto di analogia, posto che la tradizionale ricostruzione dogmatica considerava l’illecito omissivo improprio quale speculare al delitto commissivo.

Ad attenuare i dubbi di costituzionalità concorre la teorica di più recente dottrina, univocamente avallata dalla giurisprudenza di legittimità, volta a circuire l’operatività della clausola di equivalenza, tramite la valorizzazione di quel segmento della norma che parla di dovere giuridico, alla sussistenza di una cd. posizione di garanzia.

Tale concetto si rivela non solo elemento idoneo ad attenuare le perplessità relativa alla potenziale incostituzionalità del capoverso dell’art. 40 c.p., bensì utile quale punto di raccordo tra le varie branche dell’ordinamento.

Ben si intuisce, tanto premesso in che senso si è parlato, precedentemente, di comune fondamento giuridico della responsabilità datoriale, posto che anche l’imputazione in sede penale per lesione o morte del lavoratore in conseguenza della violazione di un precetto a contenuto cautelare trova fondamento nell’obbligo giuridico «di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del datore di lavoro» sancito all’art. 2087 c.c.

3. La delega di funzioni. Delle due categorie che compongono in senso ampio la posizione di garanzia del datore di lavoro, con specifico riferimento al thema di questa breve analisi, vengono in rilievo quelle inerenti la gestione degli aspetti tecnici, organizzativi ed operativi che subiscono, generalmente, un frazionamento all’interno dell’organigramma dell’impresa.

Sul tal punto va sottolineato come per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la sussistenza di una specifica posizione di controllo delegata non va valutata sulla base dell’organigramma dell’impresa, bensì sulla base di un effettivo decentramento dell’organizzazione stessa.

3. Dalla radioprotezione alla regola cautelare. Le norme che compongono la radioprotezione sono state corroborate da un impianto sanzionatorio, talché sia legittimo affermare che hanno assunto, ad onta del fenomeno di giuridicizzazione, valore precettivo.

Orbene tali precetti vengono in rilievo quali regole di condotta ai fini dell’imputazione dei delitti di lesioni colpose o omicidio colposo.

A corroborare siffatta affermazione basta vedere alcune note giurisprudenziali, come la sent. 28144 del 2001 della sez. IV della Cassazione Penale che condanna per il delitto di cui all’art. 590 c.p. il direttore sanitario di un presidio ospedaliero per l’aver cagionato, omettendo di sottoporre a visita medica periodica il lavorato, lesioni gravi consistite in una cataratta corticale con indebolimento permanente della vista.

4. Il nesso di causalità. Tuttavia l’antigiuridicità della condotta non esime il giudice dall’accertare il nesso di causalità tra l’omissione ed il danno-evento secondo lo statuto logico del nesso di condizionamento.

Secondo gli insegnamenti della nota giurisprudenza Franzese che ha ribadito l’identità strutturale della spiegazione della causalità omissiva, la verifica del nesso di condizionamento deve avvenire nei due momenti del procedimento di eliminazione mentale e della sussunzione sotto la legge scientifica di copertura.

Senonché, a ben vedere, in presenza di causalità omissiva, il procedimento di eliminazione mentale ancorché strutturalmente identico a quello della causalità omissiva risulta essere caratterizzato da una formula doppiamente ipotetica, dovendosi accertare che l’adozione della misura cautelare omessa avrebbe evitato la produzione dell’evento.

Pregio di tale lettura è quella di reinterpretare correttamente le note modali di commissione del reato di lesioni o omicidio colposo connessi alla violazione di precetti della radioprotezione il quale, a ben vedere, esige la verificazione di un duplice evento.

In sede processuale infatti, identificata la regola cautelare violata, il giudice dovrà accertare la sussistenza di quel specifico legame colposo tra regola cautelare ed evento che sottolinea l’inclinazione offensiva della condotta già sul piano del fatto tipico.

A tale valutazione concorre indubbiamente la valutazione inerente l’esposizione, e cioè quella inerente la relazione causale endogena ai profili di tipicità del reato tra la violazione del precetto ed il superamento della soglia massima di esposizione ammissibile, risultando altrimenti assolutamente impossibile fornire prova della correlazione tra la lesione, quantunque mortale, e la condotta omissiva incriminata.

4.1 La sussunzione sotto la legge scientifica di copertura. Il procedimento di eliminazione mentale soggiace alla conoscenza preliminare dell’idoneità della condotta a determinare l’evento incriminato.

A tale momento concorre la sussunzione sotto la legge scientifica di copertura il cui statuto logico richiede la preventiva verifica della causalità generale, e quella successiva della causalità individuale o della verifica dell’attendibilità, con la conseguenza che assumono giocoforza rilievo quegli elementi dotati di particolare rilevanza sul piano clinico-individuale in funzione di abbattimento o rafforzamento della correlazione causale generale.

4.2 Le perizie del C.T.U. Dall’analisi di copiosa casistica giurisprudenziale si è rilevato che nel momento maggiormente gravoso della sussunzione sotto la legge scientifica di copertura, riveste un ruolo determinante la perizia del consulente tecnico.

4.3 Le leggi scientifiche con coefficiente probabilistico medio-basso. Se la verifica del nesso di condizionamento tramite l’importazione del ragionamento nomologico-deduttivo è adeguato nei casi di impiego di leggi scientifiche certe o a coefficiente probabilistico prossimo alla certezza, ciò non può dirsi nei casi in cui tali coefficienti siano medio-bassi, per di più in presenza di percentuali statistiche quasi mai significative, come del resto sono la maggioranza delle leggi epidemiologiche in materia di malattie radioindotte.

Occorrerebbe, a tal riguardo, ripercorrere gli insegnamenti della giurisprudenza Franzese soffermandosi con particolare attenzione al criterio euristico della prova per esclusione.

All’uopo va sottolineato che tale formula rischia, a maggior ragione in presenza di danni stocastici, di ridurre la spiegazione casuale alla fallacia del post hoc propter hoc, salvo non voler ammettere una prova per esclusione delle altre cause note che graverebbe sul reo le incertezze del  metodo scientifico.

5. L’obbligo di sicurezza. Come si anticipava il fondamento giuridico della posizione di garanzia del datore di lavoro rispetto all’integrità fisica e della personalità morale del prestatore di lavoro è costituito dall’art. 2087 c.c., la quale costituisce la norma di chiusura del sistema antinfortunistico, e pertanto dal carattere sussidiario e complementare.

In evidenza anzitutto la questione preliminare di risolvere le problematiche ermeneutiche collegate alla locuzione imprenditore, a cui la norma in esame prescrive l’obbligo di adottare tutte le cautele esigibili in base all’esperienza tecnica – e cioè ben intese, anche quelle non specificatamente previste dalla legge – fino a comprendervi tutti i datori di lavoro, anche non subordinato.

Quanto alla necessità di forzare tale locuzione, lo studio maggiormente incisivo evidenzia la sopravvivenza nel codice civile di un principio corollario della rifiutata ideologia corporativista – e cioè quello dello stabile collegamento della nozione di impresa con quella di rischio.

Quanto poi alla necessità di avocare nello spettro di operatività della norma anche i datori di lavoro non subordinato, la questione ermeneutica ruota attorno alla possibilità di fornire un interpretazione adeguatrice di guisa al principio di cui all’art. 35, comma 1 cost. da cui si promana l’esigenza di tutelare il lavoro in tutte le sue forme.

6. Profili di contiguità normativa. Si è affermato che l’obbligo di protezione posto a carico del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c. sia norma di chiusura, a carattere complementare, del sistema antinfortunistico.

Tale assioma viene approfondito all’interno della trattazione dei profili civilistici.

Anzitutto si è osservato come il sistema antinfortunistico costituisca specificazione del generale precetto vincolistico, in tal senso è lecito affermare che la responsabilità del datore ai sensi dell’art. 2087 c.c. sia complementare a quella promanata dalla specifica normativa, coprendo la gestione e la protezione da quelle situazioni di rischio non specificatamente individuate dal legislatore.

In secondo luogo si è analizzata la relazione endogena al sistema antinfortunistico cercando di contestualizzare e motivare la scelta preferenziale accordata dal legislatore all’autonomia del sistema radioprotezionistico, nonostante il trend evolutivo che ha condotto alla riorganizzazione della normativa nel T.U. in materia di sicurezza sul lavoro (d. Lgs. 81/2008).

7. Il rapporto tra normative complementari. Quanto alla ricostruzione del rapporto tra il d. Lgs 230/1995 e 81/2008, si evidenzia la volontà del legislatore di creare dei ponti di comunicazione tra discipline.

Così, in via esemplificativa, mentre l’art. 80 del d. Lgs. 230/1995 prevede i casi in cui il Servizio di Prevenzione e Protezione deve essere coordinato con l’esperto qualificato, responsabile della cd. sorveglianza fisica, nell’allegato n. 2 al d. Lgs. 81/2008 sono confluite le indicazioni relative le dotazioni dei dispositivi di protezione individuale relative ai rischi da radiazioni ionizzanti.

Tale rapporto di contiguità deve intendersi sbilanciato verso la normativa maggiormente confacente al tipo di attività da disciplinare, senza tuttavia dimenticare la possibile complementarità dell’altra.

Così se un’attività ricade nell’ambito di applicazione del d. Lgs. 230/1995, ciò non esime il datore dall’adottare le misure previste dalla disciplina generale qualora i lavoratori siano comunque esposti ad ulteriori fattori di rischio.

Parimenti il datore di lavoro che esercita impresa esterna è obbligato al rispetto dei precetti cautelari di cui al d. Lgs. 230/1995 in tutti quei casi in cui, per qualsiasi ragione, i propri dipendenti si trovino esposti al rischio da radiazioni ionizzanti.

8. Sulla natura della responsabilità civile del datore. Il contenuto del precetto vincolistico che notoria dottrina ha ricostruito in termini di massima sicurezza tecnicamente possibile ha realizzato una percepibile sensazione di oggettivizzazione della responsabilità.

In evidenza la questione preliminare di ricostruire quale contrattuale la responsabilità civile del datore di lavoro, che la dottrina tradizionale, evidenziando il carattere bi-frontale dell’obbligo di sicurezza, riteneva naturalmente riconducibile all’illecito aquiliano.

Da questo punto di vista risulta decisiva la scelta di interpretare tale obbligo quale corollario della buona fede, consentendo di proiettarlo all’interno delle condizioni generali del contratto tramite la clausola di cui all’art. 1374 c.c.

Tale scelta metodologica, del resto, oltre a risultare convenevole almeno sotto il profilo applicativo, risulta idonea a proiettare l’obbligo di sicurezza all’interno della cooperazione creditoria, quale limitazione dell’obbligazione di lavoro nel rispetto dell’integrità fisica e della personalità morale del prestatore di lavoro.

9. Il riparto degli oneri probatori. Ricostruita quale contrattuale la responsabilità ex art. 2087 c.c., occorre soffermarsi sull’analisi del riparto degli oneri probatori.

A tal riguardo è interessante osservare la discrasia nell’assetto dell’onus probandi posto a carico del lavoratore a seconda che l’azione di risarcimento sia intentata per violazione generica del precetto vincolistico ovvero in punto di colpa specifica.

Nel primo caso al lavoratore compete ex artt. 1218 c.c. l’onere di dimostrare la fonte del rapporto di lavoro, l’allegazione dell’inadempimento – e cioè della norma di legge violata, quindi la prova della correlazione eziologica tra inadempimento e danno risarcibile, nelle cui valutazioni deve ritenersi marginalmente collocato il parametro della diligenza.

Orbene nel caso in cui l’azione di risarcimento sia intentata per violazione del generico precetto vincolistico, l’allegazione dell’inadempimento postula che il lavoratore abbia piena comprensione della vicenda di verificazione del danno, dovendo allegare tanto la specifica situazione di rischio che le misure astrattamente idonee ad evitare il danno.

Quanto al datore di lavoro, la casistica giurisprudenziale si orienta, in modo non condivisibile, sulla ricostruzione della prova liberatoria in termini di dimostrazione dell’adozione della massima diligenza tecnicamente possibile.

Senonché, si osserva, che poiché la diligenza non costituisce elemento dell’illecito contrattuale ma parametro di valutazione della condotta, se non nella misura in cui si oggettivizza nell’inadempimento medesimo, sarebbe lecito ritenere che correttamente intesa, la prova liberatoria ex art. 1218 c.c., dovrebbe ricalcare il paradigma del caso fortuito.

Tale teorica è, del resto, confacente all’esonero di responsabilità in presenza di atti abnormi o assolutamente arbitrari del lavoratore, in quanto ciò che rileva non è l’assenza di diligenza del datore di lavoro, bensì l’efficacia causale della condotta del lavoratore rispetto alla produzione del danno.

10. Il principio di autoresponsabilità. Quanto alla diligenza del prestatore di lavoro, questa entra in gioco tanto nelle valutazioni inerenti l’an, che il quantum del risarcimento.

Così mentre il concorso del fatto colposo del creditore di cui al comma 1 dell’art. 1227 c.c. riguarda il quantum presupponendo che sia accertato il danno nella sua dimensione materiale così da ridurre il risarcimento nella misura equivalente al concorso; il comma 2, nel prevedere che il risarcimento non è dovuto per danni che il creditore avrebbe potuto evitare utilizzando l’ordinaria diligenza, interessa l’an e quindi la riconducibilità del danno stesso all’inadempimento.

In materia di illecito contrattuale sussiste quindi un generico principio di auto-responsabilità del creditore.

Tale principio è rinvenibile anche nel sistema antinfortunistico posto che tanto nel T.U. che nel d. Lgs. 230/1995 il lavoratore medesimo diventa protagonista in prima persona della salvaguardia della propria integrità e di quella dei proprio colleghi.

Ciò pertanto si è sostenuta l’esistenza di un generale principio di autoresponsabilità quale componente del precetto vincolistico ex art. 2087 c.c. una volta avocata la responsabilità del datore all’interno della mora debendi, posto che lo stesso sistema prevenzionale si fonda sul vincolo solidaristico che incorre tra datore e prestatore e che si realizza tramite forme di collaborazione prevenzionale.

dott. Salvatore Tartaro

 

Questo articolo è stato redatto dal dott. Salvatore Tartaro.

abstract della tesi di Laurea di Salvatore Tartaro. pp. 267-272; pp. 284-300

Questo articolo è stato scritto dal dott. Salvatore Tartaro.

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